Un punto fermo fondamentale nel mio modo di vedere la vostra sofferenza è che tutto quello che fate, i modi in cui vi comportate, i ruoli che rivestite nelle relazioni, per quanto sembrino causarvi soltanto dolore, in realtà vi servono a qualcosa: vi danno dei vantaggi e vi consentono di evitare situazioni ancora più dolorose. Sareste altrimenti degli stolti se faceste delle scelte che non vi portano nessun guadagno, ma anzi soltanto grandi fatiche. Anche il nostro stesso corpo, dal punto di vista biologico, è programmato per eseguire le sue funzioni nel modo più efficiente e con il minor dispendio di energia possibile. Si tratta quindi di modalità che avete sviluppato e che si sono rivelate efficaci in quello specifico contesto, là, ed in quello specifico tempo, allora, che tuttavia oggi, nel qui e ora, non risultano più essere l’adattamento migliore per voi, dal momento che sono accompagnate da una sofferenza.
Dunque il primo passo del lavoro sta nel coraggioso dar valore a quello che state facendo ora, proprio per vedere quale vantaggio ancora ne state traendo, o cosa potrebbe succedere se faceste qualcosa di diverso. Diceva infatti Fritz Perls, uno dei fondatori della Gestalt, “Non si può andare via da New York prima di essere stati a New York”. Ciò significa che tutti i tentativi di liberarvi di quello che non vi piace e vi fa soffrire saranno purtroppo vani se prima non sarete disposti a guardarlo e vedere cosa dice di voi (siete spaventati? Siete arrabbiati? Avete bisogno di essere desiderati?), delle vostre paure, e di quello che profondamente volete dagli altri (che non vi lascino soli? Che vi risarciscano? Che vi diano valore? Che stiano alle vostre regole?).
Questa prima parte è un lavoro sulla consapevolezza, si tratta di accendere le luci e fare chiarezza su quanto fate in automatico, su quanto è per voi ovvio, sulle reazioni ed emozioni a cui sembra impossibile rinunciare, perché proprio lì sta il punto su cui continuate ad incastrarvi. In questo processo di aumento della consapevolezza un grande alleato è il vostro corpo: attimi di apnea o di respiro corto, tensioni muscolari, sensazioni di caldo o freddo, sorrisi, sbadigli, gesti ripetuti o eseguiti proprio in quel momento, ci informano di emozioni o azioni che rimangono intrappolate nella pelle senza altra forma o parola.
La mia attenzione mentre mi parlate di ciò che vi affanna sarà quindi diretta quasi più verso il modo in cui parlate, verso il vostro corpo, o verso cosa succede a me mentre vi ascolto, più che al contenuto. Questo perché nella forma (che in tedesco si dice appunto gestalt) stanno le emozioni o i movimenti di cui ancora non siete consapevoli, ma che sono qui presenti, ora, mentre ne parlate, e che possiamo scoprire. Pian per volta dunque porteremo alla luce emozioni, intenzioni e parti di voi rimaste nascoste, rifiutate, che non hanno trovato lo spazio per emergere nella vostra vita, o a cui avete dovuto rinunciare. Lì con me avrete modo di esplorarle, familiarizzare con loro, identificarvi e alienarvi da esse, sentire nella vostra pelle le sensazioni ed i ricordi che le accompagnano. È così che inizia ad aprirsi la possibilità della scelta: ciò che prima sembrava l’unica reazione, l’unico vissuto possibile, ora diventa una delle possibilità.
Un terzo aspetto per me importante è l’idea che non sia tanto necessario lavorare nel passato, scavando in profondità, per vedere là e allora cos’è accaduto, dove sono nate le vostre fatiche, cos’è successo nella vostra infanzia, o nelle relazioni passate. Certo sono gli elementi da cui partiamo, ma per portarli nel presente: in che forma vive ancora oggi in voi quello che avete sperimentato nel passato? Là avete costruito un modo di stare al mondo che naturalmente emerge anche mentre siete qui in studio, mentre state con me, perché in questo momento io sono l’ambiente che incontrate. Vale a dire, ad esempio, che se nella vostra quotidianità temete il giudizio delle altre persone, probabilmente avrete paura anche del mio, dal momento che il solo fatto di essere la psicologa non mi rende tanto speciale e diversa dagli altri, per cui all’improvviso con me questa preoccupazione può non esistere più.
Ed è proprio questa la risorsa del nostro lavoro insieme: veder emergere nel qui e ora la difficoltà che incontrate nel vostro ambiente per poterla comprendere ed esplorare, anche grazie al contributo di quello che sento io e che succede a me mentre stiamo insieme. In altre parole, usando quello che sento io possiamo comprendere meglio il vostro modo di muovervi, quello che state cercando di fare con me… Come è possibile ricostruire la forma della chiave osservando la forma della sua serratura.
La ragione delle potenzialità trasformative di una terapia esperienziale nel presente è molto semplice: il passato ormai è andato, le cose sono successe, ma noi siamo qui ora, con le vostre energie, paure, desideri e bisogni. È soltanto adesso che potete sperimentare qualcosa di diverso. Dando valore alle vostre parti ed ai vostri bisogni, integrandoli con la persona che siete oggi, dove siete oggi, anche qui con me, in contatto con voi stessi ed il vostro ambiente, vedrete quella che sembra la magia dell’emergere di nuove soluzioni creative, mai pensate o sperimentate prima.